In questa sede intendo esprimere il mio modesto parere sulle questioni inerenti il finevita. Su questo delicato tema, a mio avviso, ci sono troppe speculazioni politiche ed ideologiche,ma in certi casi bisogna riuscire ad andare oltre l'ideologia, abbattendo inutili steccati. Se infatti è giusto dare voce ai diversi punti di vista sull'argomento, non si può pretendere che uno di essi prevalga sugli altri. La Cassazione, in particolare dopo i casi di Piergiorgio Welbi ed Eluana Englaro, ha chiaramente enunciato nelle sue sentenze l'esistenza di un generale diritto della persona a rifiutare le cure. Penso che in casi come quelli citati, non si possa parlare di eutanasia , ma di rifiuto dell'accanimento terapeutico. Comunque a decidere in modo autoritario ed illiberale non può essere il Parlamento, ma sempre la persona ,che può liberamente stabilire se accettare di essere curato o , al contrario, non impedire il decorso naturale della malattia. Occorre che tutto questo sia stabilito da ciascuno, prima del verificarsi dell'evento o della malattia, in un momento in cui la persona è in grado di intendere e volere. Sono pertanto favorevole ad una legge che introduca finalmente il cosiddetto testamento biologico. Ritengo a tal proposito che l'ultima circolare interministeriale emanata dai ministri del Welfare e della Salute Maurizio Sacconi e Ferruccio Fazio, che non attribuisce alcun valore giuridico ai registri sul finevita creati negli ultimii mesi in molti Comuni Italiani, è essa stessa priva di valore giuridico, perchè contrastante con l'ormai costante giurisprudenza della Corte di Cassazione. E' giunto perciò il momento di colmare questa lacuna legislativa.
Dott. Vincenzo Dolce